L'accesso al mare è libero!
- Silvia Cher
- 15 ago 2011
- Tempo di lettura: 1 min

L'argomento è tornato alla ribalta qualche mese fa quando il decreto sullo Sviluppo licenziato dal Governo aveva cercato di fissare all'improbabile limite di 90 anni il periodo di concessione del diritto di superficie sulle spiagge italiane. In sostanza alle imprese private che gestiscono gli arenili sarebbe stata concessa la possibilità di costruire liberamente bar, ristoranti, discoteche o quant'altro fino a pochi metri dal bagnasciuga su terreno che appartiene ufficialmente allo stato, facendo profitti alla faccia di concessioni che la Res Publica ha concordato in cambio, troppo spesso, di pochi spiccioli di affitto. Atrocità che l'Unione Europea non ha mancato di far notare, bacchettando il Governo italiano che, dapprima, ha abbassato di malavoglia il limite a 20 anni e ha poi addirittura miracolosamente eliminato dal decreto il concetto di "diritto di superficie" (quello che permette la libera costruzione di edifici).
L'abbiamo scampata bella. Per il momento. Anche se la situazione delle spiagge italiane è tutt'altro che rosea. L'hanno notato quanti, magari spinti dal rincaro delle tariffe di affitto di lettini e ombrelloni o dal semplice desiderio di far valere il sacrosanto diritto di godere liberamente degli oltre 7.400 km di costa italiana, si sono visti rifiutare l'accesso al mare, se non dietro pagamento di un biglietto d'ingresso, manco fosse un concerto dei Cugini di Campagna.
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